Suicidio: i fattori di rischio


Nel corso degli ultimi giorni più internauti ci hanno comunicato il desiderio di volersi documentare a riguardo del Suicidio e delle sue correlazioni con aspetti sociali che tanto incidono sulla nostra vita di tutti i giorni. Da tale sollecitazione nasce questa piccola revisione della letteratura.

Buona lettura

Poliambulatorio e Laboratorio di Analisi Polo Biomedico Adriatico, Vasto, Chieti, Abruzzo

 

Premesse

Il suicidio inteso come un continuum psicopatologico che va dall'ideazione suicidaria al tentato suicidio e al suicidio completo è sempre stato un tema di grande interesse. Diversi sono i fattori di individuati com predittori di comportamento suicidario ma a pochi di essi è possibile attribuire una esclusività prognostica.

L'osservazione del paziente e la valutazione complessiva di più fattori di rischio sembra, ad oggi, l'unico atteggiamento clinico corretto. Riteniamo che tale premessa sia d'obbligo in un mondo globalizzato perennemente costretto a fare i conti con crisi economiche che frequentemente hanno importanti ricadute sul tessuto sociale.

Se, dunque, è vero che i tassi di suicidio sono consistenti nei soggetti affetti da disturbi mentali è altrettanto vero che i cambiamenti sociali incidono sul comportamento suicidario di tutta la popolazione generale con peggiori ricadute sulla popolazione psichiatrica. Un recente studio dimostra come dopo la crisi economica ellenica del 2010 i tassi di suicido sono aumentati del 36% in Grecia.

Cosa si intende per Suicidio.

La letteratura suicidiologica suggerisce di inquadrare il comportamento suicidario come un continuum che va dalle idee suicidarie a comportamenti più o meno letali sino al suicidio completo.

In tale continuum rientrano: l'ideazione suicidaria casuale senza pianificazione, l'ideazione con pianificazione, l'autolesionismo senza inteno di morte, l'autolesionismo con intenzionalità di morte, il suicido completo[1]. Recenti studi retrospettivi aggiungono a queste categorie altre due: atti concreti finalizzati a preparare l'imminente suicidio ed il tentato suicidio messo in atto e non completato per cause fortuite. [2]

I comportamenti suicidari sono, dunque, da considerarsi nell'ottica di una progressione da un’ideazione e pensiero suicidari ad atti compiuti (tentativo suicidario), passando attraverso desideri di morte e la possibile pianificazione di questo progetto. Tale progressione avviene in una dimensione psicopatologica che appartiene ad entrambi i sessi e che si riscontra in tutte le fasce d’età: noia, irritabilità, aggressività e perdita del controllo degli impulsi, elevati livelli di ostilità auto e/o eterodiretta[3].

Le dimensioni del problema "suicidio" sono notevoli. Studi epidemiologici mostrano come il 13,5% della popolazione generale riferisce, quando intervistata, di ideazione suicidaria; il 3% compie un tentato suicidio[4;5]. Ovviamente a molti tentati suicidi non risultano in morte esitando frequentemente in lesioni fisiche (delle più variegate), periodi di significativa sofferenza psicologica ed aumento delle probabilità di reiterazione del comportamento suicidario e morte [6;7] .

I diversi Autori, dunque, sono tutti concordi nel sottolineare l'importante entità del "fenomeno suicidio"e nell'evidenziare le ripercussioni individuali, sociali, relazionali che questo gesto ha sulla vità del singolo e non solo. Alcuni dati, però, presentano disomogeneità spesso dovute alle diverse definizioni attribuite ai comportamenti suicidari ed ai vari periodi di follow-up considerati negli studi. [8]

Inoltre la raccolta di statistiche epidemiologiche spesso è gravata da problematiche socio culturali non sempre irrilevanti. In molti Paesi, ad esempio, il fenomeno sembra sottostimato sulla base della differente attenzione che riceve per ragioni culturali [9].

Fattori di rischio

Nonostante gli interrogativi posti dalla letteratura circa l'utilizzo specifico dei fattori di rischio è altrettanto importante sottolineare come studi epidemiologici abbiano evidenziato alcune carattaristiche che per quanto generiche possono essere utilizzate come indicatori al fine di orientare il clinico.

  • "I precedenti". E' unanimamente riconosciuto che il più grande predittore di suicido è il parasuicido, che include sia il tentativo di suicidio che le autolesioni deliberatamente inflitte con o senza intenzionalità di morte. [18]. I primi tentativi di suicido sono considerati fortemente predittivi di suicidio futuro soprattutto nella popolazione anziana. Più del 50% dei tentatori compie più di un tentativo e quasi il 20% lo ripete entro i 12 mesi seguenti. [19]. Dal 30 al 47% dei suicidi completi ha una precedente storia di parasuicido [20]. Il rischio di morte per suicidio nell’anno che segue un gesto autosoppressivo è dell’1% ma aumenta se l’episodio era già stato ripetuto in precedenza, arrivando a 100-250 volte quello della popolazione generale e mantenendosi elevato nei successivi 8 anni [21]
  • Il genere. I maschi commettono il suicidio completo più frequentemente rispetto alle donne con un rapporto di 3:1, con stabilità per tutte le epoche della vita. Le donne tuttavia hanno una probabilità di quattro volte superiore di tentare il suicidio. [22] Un numero crescente di prove conferma che gli individui giovani omosessuali e bisessuali sono particolarmente a rischio di suicidio. [23]
  • L'età. L’incidenza del suicidio grosso modo aumenta con l’età. Tra gli uomini un picco di rilievo si riscontra dopo i 45 anni, mentre per le donne dopo i 55 anni. [24] Tassi di 40 suicidi per 100.000 individui sono rilevabili dopo i 65 anni. Gli anziani tentano il suicidio meno frequentemente rispetto ai giovani, sebbene i loro tentativi spesso esitano nella esecuzione del suicidio. I suicidi dell’anziano rappresentano una quota importante dell’ammontare complessivo delle vittime per tale gesto, sebbene essi rappresentino solo una percentuale esigua della popolazione generale.[25] Nei maschi tra i 15 e i 24 anni il tasso di suicidio è stato del 40% tra il 1970 e il 1980 con continua crescita successiva. Nelle femmine della stessa classe di età si è registrato solo un lieve incremento. In questa fascia di età il suicidio è secondo alcuni dati la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali e gli omicidi. [26;27] Tra gli uomini della fascia di età 25-34 anni il tasso di suicidio è aumentato di circa il 30%. Se nel passato il suicidio era più frequente tra gli anziani, le recenti statistiche indicano che la maggiore incidenza è nella fascia di età 15-44 anni. [28;29]
  • "Le separazioni". Il matrimonio, soprattutto se accompagnato dalla presenza di figli, può agire da fattore protettivo nei confronti del suicidio. Tra le persone sposate il tasso di suicidio è di 11/100.000 nella popolazione degli Stati Uniti. Gli individui mai sposati hanno un tasso di suicidio doppio rispetto agli individui coniugati. Coloro che sono stati sposati hanno un tasso di suicidio ancora più alto più alto dei “single”; in particolare 24/100.000 per i vedovi; 40/100.000 per le persone divorziate e se ci riferisce al sesso di coloro che hanno interrotto il matrimonio, i tassi sono di 69/100.000 per gli uomini solo del 18/100.000 per le donne. [30;31]
  • La disoccupazione è un fattore di rischio per il suicidio. Da questa condizione derivano altri due fattori di rischio, come il deterioramento del ruolo sociale e l’indigenza. Tuttavia anche coloro che godono di un’occupazione stabile e di alto rilievo risultano a rischio di suicidio. In particolare i medici sono una categoria professionale tradizionalmente riconosciuta a rischio di suicidio, con particolare incidenza tra li psichiatri, gli anestesisti, gli oculisti, anche se si registra un’omogenizzazione tra tutte le specializzazioni. Altre figure professionali a rischio sono i musicisti, i dentisti, i magistrati, gli avvocati e gli assicuratori. [32]
  • "La Salute". Esiste una relazione tra salute fisica e suicidio. Una storia di precedenti trattamenti medici sembra correlarsi con rischio di suicidio. Il 45% delle persone che commettono il suicidio ha ricevuto visite mediche nel mese precedente la morte. Studi post-mortum dimostrano che una patologia organica è presente in una percentuale che varia dal 25 al 75% di tutte le vittime per suicidio. [ 33] Alcune patologie endocrine sono associate ad un aumentato rischio di suicidio, tra le quali: il morbo di Cushing, la sindrome di Klinefelter, la porfiria, la cirrosi epatica e l’ulcera peptica L’ipertrofia prostatica e le patologie renali trattate con emodialisi presentano inoltre variazioni di umore e sono correlate con un più alto rischio di suicidio. Un elevato rischio di suicidio è stato riconosciuto tra i soggetti affetti da HIV/AIDS, cancro cerebrale e sclerosi multipla. [34;35]. E' dimostrata inoltre l'associazione tra alcune patologie psichiatriche e comportamento suicidario (depressione maggiore, disturbo borderline di personalità, disturbo bipolare, schizofrenia) [36;39;40].

Altri significativi indicatori di rischio e fattori precipitanti il comportamento suicidario sono la familiarità suicidaria e psichiatrica, traumi infantili quali un’esperienza di affidamento, sentimenti di hopelessness, l’isolamento sociale, uno status socioeconomico basso o la disoccupazione (soprattutto se prolungata), la mancanza di un legame affettivo stabile (stato di single, separato o divorziato), un recente cambiamento nella situazione abitativa (soprattutto tra gli anziani è frequente il cambio di domicilio nei 12 mesi precedenti un tentativo di suicidio), una storia di comportamenti criminali o di episodi di violenza familiare negli ultimi 5 anni, una storia di trattamento psichiatrico. [36-38]

 

Bibliografia

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